Nigeria, due anni e solo il silenzio sulle liceali sequestrate a Chibok

Ragazze perdute

L’Onu: «Un kamikaze su cinque di Boko Haram è bambino»

per AVVENIRE

NAIROBI, Kenya -- La speranza è ancora viva. A due anni dal rapimento delle 276 studentesse di Chibok, una cittadina nel nord-est della Nigeria, oggi si celebra per la prima volta una cerimonia nel luogo del sequestro. Parenti delle vittime, amici, leader politici e religiosi sono sempre più determinati. Pregheranno tutto il giorno affinché le 219 giovani ancora nelle mani degli jihadisti di Boko Haram tornino a casa il prima possibile. «Il governo ci ha dato accesso alla scuola attaccata da Boko Haram due anni fa», ha spiegato ieri Lawan Zanna, segretario dell’Associazione dei genitori delle ragazze rapite a Chibok (Pagca). «Avremo una sessione di preghiere sia per i cristiani che per i musulmani e a cui parteciperanno tutti i genitori delle vittime. Speriamo infatti – ha aggiunto Zanna, la cui figlia di 18 anni è tra le studentesse sequestrate – di riuscire a riportare l’attenzione internazionale sulla vicenda». L’offensiva dei jihadisti nigeriani di Boko Haram, il cui nome è spesso tradotto in «l’educazione occidentale è peccato», ha più volte preso di mira proprio le scuole. Ma nel 2014 nessuno sembrava aspettarsi un rapimento tanto imponente. Da allora, i militanti islamici hanno preso decine di persone ed ampliato il loro raggio d’azione. «Altre 400 donne e ragazzine sequestrate un anno fa a Damasak, nel nord del Paese, non sono mai state liberate », ha recentemente denunciato Human Rights Watch (Hrw). Una volta trasferite nelle zone controllate dai terroristi, inizia l’addestramento. Ci sono casi di lavaggio del cervello, violenze e schiavitù. L’obiettivo è trasformare le giovani vittime in “bambini-kamikaze”. Secondo le Nazioni Unite, il numero degli attentati terroristici contro i civili è infatti aumentato radicalmente in Nigeria, Camerun, Ciad, e Niger. «Da 32 attacchi suicidi nel 2014 a 151 nel 2015 – afferma un rapporto dell’Unicef –. Sono state prese di mira moschee, chiese, mercati stazioni di bus, edifici pub- blici e altri luoghi affollati». Ormai «un kamikaze su cinque mandato a morte dai Boko Haram è un bambino» afferma ancora l’organismo Onu: il numero dei bambini che si fanno esplodere in nome dei terroristi islamici è «aumentato di ben dieci volte in un anno, ed il 75% sono femmine ». E I bambini utilizzati negli attacchi suicidi in Nigeria, Camerun, Ciad e Niger sono passati da 4 nel 2014 a 44 nel 2015. I racconti delle ragazze scappate con le loro forze o liberate dagli eserciti coinvolti hanno fatto luce sul modo in cui Boko Haram opera. Spesso, prima di partire per le missioni suicide, le ragazzine vengono seviziate, affamate, imprigionate e drogate. I modi per costringerle a farsi saltare in aria sono infatti molteplici e spietati. «Deve essere chiaro che questi bambini sono vittime, non esecutori consapevoli – afferma Manuel Fontaine, direttore Unicef per l’Africa centrale e occidentale –. Ingannare i bambini e costringerli ad atti suicidi è una delle forme più orribili di violenze perpetrate in Nigeria e nei Paesi vicini ». Dal 2009, quando Boko Haram ha intensificato le azioni il reclutamento è stato costante. E ora si estende ai Paesi limitrofi: «È una situazione che va oltre la carestia – aggiunge Toby Lanzer, funzionario delle Nazioni Unite per il coordinamento umanitario nel Sahel –. Non abbiamo mai visto un posto più bisognoso come le zone sotto il controllo di Boko Haram affette da siccità, carestia e da una povertà estrema». Anche Mark Toner, portavoce del dipartimento di Stato americano, ha ricordato ieri il rapimento delle studentesse: «Liberatele subito e senza condizioni». Ma nonostante le promesse, comprese quelle di Barack Obama, nulla di tutto ciò è avvenuto.

 

L’intervista /«Forse qualcuno non vuole trovarle»

NAIROBI - «Mi dispiace dirlo proprio oggi, ma secondo me le ragazze non si trovano perché non le si vuole trovare». Stanley Ukeny, analista politico nigeriano, sembra non aver dubbi. Non è infatti convinto della presunta «incapacità» del governo di Muhammadu Buhari nello scoprire dove si trovano le studentesse rapite dai miliziani islamici di Boko Haram a Chibok. «È mai possibile che gli americani possano trovare singoli terroristi in altri Paesi mentre la Nigeria non riesce a localizzare centinaia di ragazzine a casa propria?», insiste Ukeny.

Perché allora non si trovano?

La prima possibilità è legata al grande potere delle autorità nel nord del Paese: un sequestro di massa tanto importante non avrebbe avuto luogo senza il consenso dei leader locali. Questi ultimi avvertono infatti i ribelli delle operazioni militari per trovarle. L’altra possibilità è che il governo le abbia già trovate e stia aspettando il momento giusto per liberarle. Non è un segreto che le autorità siano in regolare contatto con Boko Haram per questa e molte altre ragioni.

L’alto livello di corruzione per cui è nota la Nigeria in che modo influisce sulle ricerche?

Girano molti soldi intorno a questa vicenda. C’è chi li usa per spostare le ragazze da un luogo all’altro, mentre ci sono casi in cui l’esercito continua a guadagnare dalle sue operazioni di «sicurezza» attraverso saccheggi, il mercato delle armi, e le “tasse” riscosse attraverso il controllo di una regione che, tempo fa, era in mano ai sanguinari miliziani islamisti.

Si mormora che persino le associazioni a sostegno delle ragazze siano implicate, che ne pensa?

Alcuni leader di queste associazioni sono stati corrotti affinché nascondessero molte verità riguardo allo stato delle ricerche. Mentre c’è chi è stato pagato in contanti, ad altri sono stati promessi dei ruoli all’interno della politica nigeriana.

Trova che l’attenzione internazionale sia calata?

Sì e molto. Prima avevamo celebrità e figure politiche come Michelle Obama interessate al destino delle ragazze. Con il tempo, invece, la comunità internazionale ha smesso di parlarne e di fare pressione sul governo nigeriano per liberare le vittime.

Reputa positivo il fatto che cristiani e musulmani si trovino a pregare insieme per le studentesse?

È un buon segnale che dovrebbe incoraggiare l’intero Paese. A quasi un anno dalla salita al potere di Buhari, la sfiducia nei confronti del presidente è radicalmente aumentata. Abbiamo bisogno di trasparenza e pace tanto nel caso delle studentesse sequestrate, quanto in tutti gli altri settori della società nigeriana.

I numeri:

900: SONO LE SCUOLE DISTRUTTE E 1.800 QUELLE CHIUSE PER MANCANZA DI SICUREZZA, DALL’INIZIO DELLE AZIONI DI BOKO HARAM IN NIGERIA

8: GLI ANNI DEL PIÙ GIOVANE KAMIKAZE, OLTRE 600 SONO INVECE LE DONNE E LE BAMBINE RAPITE NEGLI ULTIMI DUE ANNI

 

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Matteo Fraschini Koffi - Giornalista Freelance