Golpe in Burkina: «Kaboré ha fallito contro i jihadisti»

DAKAR, Senegal - «Popolo del Burkina Faso, cittadini e cittadine, abbiamo preso il potere dall’ex presidente, Roch Marc Christian Kaboré, ed è iniziata una nuova era per il nostro Paese».
Sono state queste le prime parole del discorso del capitano Sidsoré Ouedraogo, circondato da un gruppo di soldati del Movimento patriottico per la salvaguardia e la restaurazione (Mpsr), davanti alle telecamere dalla televisione nazionale. «Costituzione, governo, e assemblea nazionale sono stati per ora dissolti – ha continuato Ouedraogo –. Le frontiere aeree e terrestri sono invece chiuse ed è in vigore da oggi il coprifuoco tra le nove di sera e le cinque di mattina fino a nuovo ordine».
Secondo fonti militari, Kaboré si trova al momento detenuto in un luogo imprecisato: sarebbe anche scampato a un tentativo d’omicidio. Fermati anche molti ministri. Come previsto, quest’ultimo golpe del continente africano è stato subito condannato «con fermezza» dal capo dell’Unione Africana (Ua), Moussa Faki Mahamat a cui hanno fatto eco le dichiarazioni di Usa, Onu e Ue. Da mesi si ipotizzava che un evento simile sarebbe avvenuto in Burkina Faso, una volta considerato un’oasi di pace e stabilità nella fascia del Sahel. Due settimane fa le autorità hanno arrestato 8 militari accusati di voler organizzare un golpe poiché frustrati dai continui attacchi jihadisti e dall’incapacità politica di gestire la crisi. In seguito a una serie di massacri di soldati e civili, infatti, sono scoppiate diverse proteste di piazza sostenute ufficiosamente anche da numerosi funzionari dell’esercito in varie località del Paese.
«Stiamo seguendo gli sviluppi della situazione ora dopo ora», spiega adAvvenire Silvia Ferraris, arteterapeuta residente a Oaugadougou da una decina d’anni. «Il mio lavoro consiste nell’affrontare diverse problematiche sociali. Sebbene da alcuni anni siamo abituati a questa situazione di precarietà – continua Ferraris, moglie di un burkinabé e madre di due bambini –, speriamo che il tutto si risolva al più presto senza violenze come è successo in altri Paesi della regione ». I primi spari si sono sentiti nella capitale tra sabato e domenica vicino al palazzo presidenziale. Poche ore dopo sono arrivate informazioni su un ammutinamento di militari in numerose caserme attraverso l’intero territorio, che accusavano le autorità civili di aver fallito contro il Daesh e al-Qaeda.
Il generale Aime Barthelemy Simpore, ministro della Difesa, aveva parlato ieri mattina alla televisione nazionale per rassicurare la popolazione. «Al momento scuole e banche sono state chiuse per precauzione », precisa Ferraris, la cui famiglia è stata svegliata da una sparatoria verso le quattro di domenica. La crisi è iniziata nel 2015, pochi mesi dopo la fuga dell’ex presidente, Blaise Compaoré, verso la vicina Costa d’Avorio dove si trova tuttora nonostante voglia ritornare
nel suo Paese. Il suo desiderio di cambiare la Costituzione per ottenere un nuovo mandato dopo quasi 30 anni al potere aveva provocato l’ira della popolazione. Il periodo post-Compaoré presentava comunque varie sfide legate soprattutto a un’economia fragile e alla crescente minaccia jihadista. Kaboré, banchiere di formazione, ha visto l’intero Paese sprofondare anno dopo anno nell’insicurezza causata dall’aumento di gruppi di militanti islamici autoctoni e provenienti da Stati limitrofi come Mali e Niger. I jihadisti hanno cominciato a lanciare attacchi, sequestrare locali e stranieri, e a occupare l’intero territorio. La stessa Ouagadougou è stata teatro di tre attentati tra il 2016 e il 2018 che hanno causato la morte e il ferimento di oltre 200 persone. Uno degli ultimi attacchi jihadisti ha preso di mira lo scorso novembre una base militare a Inata, cittadina nel nord-est del Paese, dove sono rimasti uccisi 49 agenti della sicurezza e quattro civili. «Vogliamo maggiori risorse per combattere i jihadisti e risarcire le famiglie dei militari morti in battaglia – erano le principali richieste di un gruppo di soldati che ha preso poi parte all’ammutinamento – Inoltre esigiamo le dimissioni immediate di alcuni comandanti dell’esercito ». Non essendo riuscito a guadagnarsi la fiducia dei militari e dopo aver effettuato diversi cambiamenti sia nel governo che a capo dell’esercito, Kaboré ha continuato a perdere di credibilità fino a ritrovarsi ad affrontare un tentativo di golpe simile a quelli avvenuti negli ultimi tre anni in Mali e Guinea.
L FATTO/La capitale nel mirino dei terroristi
Il 31 ottobre del 2014, l’ex presidente burkinabé, Blaise Compaoré, fugge dal Burkina Faso. A settembre 2015 si registra un tentativo di golpe da parte degli alleati di Compaoré e, a novembre, la nomina presidenziale di Roch Kaboré. La capitale Ouagadougou viene presa di mira dai jihadisti diverse volte tra il 2016 e il 2018. Kaboré viene rieletto nel 2020, ma le violenze continuano fino al massacro di Inate del novembre 2021.
Un Paese in preda all’instabilità:
1,4milioni, gli sfollati interni, gran parte dei quali si trovano nelle regioni settentrionali del Paese
3.280, le scuole chiuse a causa dell’insicurezza provocata dagli attacchi dei miliziani islamici
2, le principali organizzazioni jihadiste attive in Burkina Faso, il Gsim e al-Qaeda nel Maghreb islamico (Aqmi)
Matteo Fraschini Koffi per AVVENIRE - 25 gennaio 2022 © RIPRODUZIONE RISERVATA