Nel Continente nero petrolio tutte le contraddizioni del fossile

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Insieme a 11 Paesi membri è stato inoltre istituito il Central african pipeline system (Caps) che comprende tre reti di gasdotti multinazionali: il Central north pipeline system che collega Camerun, Repubblica Centrafricana e Ciad; il Central west pipeline system per Guinea Equatoriale, Gabon e Repubblica del Congo; e il Central southern pipeline system tra Angola, Repubblica democratica del Congo, Ruanda e Burundi. Il Caps imita i sistemi internazionali in Europa, Stati Uniti e Cina. Un altro primato nel settore dell’energia in Africa riguarda il Greater tortue Ahmeyim project (Gta), un “hub” senza precedenti a livello internazionale e situato nelle acque settentrionali del Senegal per opera della Bp, con anche la collaborazione dell’italiana Saipem. Urgewald, un’organizzazione non governativa tedesca, ha scritto in un rapporto che: « Nonostante i loro impegni per gli obiettivi di zero emissioni, molte istituzioni finanziarie continuano a sostenere le compagnie petrolifere, incoraggiando l’industria a espandersi del 96 per cento». L’ambientalista Heffa Schuecking, fondatrice di Urgewald, si ritiene molto preoccupata. «C’è una grande differenza tra le intenzioni dichiarate dall’industria petrolifera e del gas e le sue azioni nel mondo reale – ha affermato recentemente Schuecking –. Vediamo nuovi progetti di combustibili fossili in 48 dei 55 Stati africani con 200 aziende e multinazionali». U ltimo progetto degno di nota: la raffineria Dangote, la più grande al mondo “a treno singolo”, in grado di cambiare l’equilibrio energetico mondiale a favore del continente africano. «Con un valore di 20 miliardi di dollari per raffinare 650mila barili al giorno – spiega un comunicato del Gruppo Dangote –, la raffineria produrrà 53 milioni di litri di benzina al giorno, oltre a 4 milioni di litri di gasolio e 2 milioni di litri di carburante per gli aerei». L’Africa giudica difficile prendere sul serio le raccomandazioni del G20 dato che gran parte dei Paesi membri non aderisce alle pratiche che predicano. « L’Occidente ha paura del nostro sviluppo – commentano diversi analisti africani –. Vogliono impedire una seria industrializzazione dell’Africa usando contro di noi la politica minacciosa del cambiamento climatico». S ebbene la Aec ritenga che il continente africano meriti di beneficiare maggiormente delle sue ingenti, riserve petrolifere, scoperte solo in parte, c’è ancora bisogno di «massicci investimenti stranieri e sostanziali sviluppi infrastrutturali» affinché venga realizzato il pieno potenziale del continente africano nell’economia petrolifera globale. « Dobbiamo inoltre riconoscere i contributi dei piccoli produttori dell’Africa subsahariana – sostiene il direttore della Aec, il camerunese NJ Ajuk –. Stanno facendo la loro parte per mantenere il ritmo degli sforzi necessari a raggiungere questi importanti obiettivi». E così nel Continente africano si concentrano, si scaricano e si avvertono potentemente tutte le contraddizioni dello sviluppo e della transizione energetica.

Matteo Fraschini Koffi per AVVENIRE - 4 agosto 2023 © RIPRODUZIONE RISERVATA

Tags: attualità avvenire

Matteo Fraschini Koffi - Giornalista Freelance