SOMALIA: Ecco il Baby-Soldato pagato da USA e UE
per Avvenire
Somalia, ecco la prova dei bambini-soldato
“Cento”, 9 anni, con la divisa dell’esercito regolare
«Casi come questi sono tutt’altro che rari», conferma un ufficiale del Tfg che preferisce mantenere l’anonimato per evitare ripercussioni. «A Mogadiscio sappiamo molto bene chi sono le persone che usano i minorenni per combattere. Appena la comunità internazionale inizia a investigare, però – spiega ancora l’ufficiale – è facile far sparire questi bambini». Secondo fonti sul campo, “Cento” fa probabilmente parte della scorta di un esponente del governo, del Parlamento, o di altre istituzioni, piuttosto che dell’esercito stesso. In Somalia, dove regna l’anarchia dal 1991, la fiducia tra clan e sub-clan è inesistente e perciò è fondamentale farsi scortare da familiari o persone fidate che, spesso, sono minorenni. «I bambini vengono utilizzati sia perché è più facile manipolarli, sia perché il conflitto ha ucciso gran parte dei maggiorenni – conclude la nostra fonte –. I più piccoli sono quindi quelli che rimangono in vita, da utilizzare per scorte e combattimenti ». Il fenomeno dei bambini- soldato, soprattutto a Mogadiscio, è molto complesso. In una terra dove l’unico modo per guadagnare qualche soldo spesso è solo arruolarsi con i ribelli estremisti dell’al Shabaab, o con i soldati governativi, è normale che i flussi di minorenni vengano sfruttati da entrambe le parti. Sebbene si sappia che la stragrande maggioranza dei minori è spesso forzata ad unirsi alle forze dei ribelli, non è certamente accettabile che il Tfg, il Governo federale di transizione somalo finanziato con milioni di dollari ogni anno dalla comunità internazionale, rimanga inerte davanti a un problema del genere che lo coinvolge direttamente.
Settimana scorsa, per esempio, un gruppo di ottantanove persone è stato rilevato nel campo militare ugandese di Bihanga, la base delle forze di pace dell’Unione Africana per la Somalia (Amisom), i cui addestramenti sono finanziati dagli Stati uniti e dall’Unione Europea. Di questi ottantanove, giudicati poi «non adatti all’addestramento», 68 erano minorenni. Dato che la prima selezione dei futuri soldati viene operata a Mogadiscio, nella base militare di Al Jazeera, diversi esponenti della comunità internazionale si stanno chiedendo come mai così tanti minorenni siano sfuggiti ai primi controlli. Al momento sono in corso le negoziazioni tra l’ambasciata americana a Nairobi, la missione di addestramento dell’Ue (Eutm), l’Unicef, e le organizzazioni umanitarie a Mogadiscio, per il rimpatrio e il soccorso di questi minori. «Abbiamo bisogno di più collaborazione da parte del Tfg e dei Paesi donatori come gli Usa, l’Ue e l’Italia», afferma Isabella Castrogiovanni, a capo del programma Unicef per la protezione: «Il Tfg non potrebbe sopravvivere senza l’appoggio della comunità internazionale, quindi dovrebbe essere relativamente facile obbligarlo a rispettare alcune regole fondamentali dei diritti umani ». Sebbene sia gli Stati Uniti sia la Somalia non abbiano firmato la Convenzione dei diritti del bambino, infatti, l’amministrazione Usa ha ratificato un protocollo che mira a prevenire il reclutamento dei bambini- soldato. E dopo il clamore suscitato da un articolo del New York Times del giugno 2010, il senatore Richard Durbin, democratico dell’Illinois, ha scritto una lettera al segretario di Stato americano, Hillary Clinton, in cui sottolineava con forza come «Il Tfg non dovrebbe voltare le spalle ai suoi preziosi bambini, e di certo non con i soldi provenienti dalle tasse degli americani ». «In otto mesi, abbiamo meticolosamente rivisto il processo di selezione, in maniera che nessun minore fosse selezionato o pagato con i soldi degli americani», sostiene una fonte dell’ambasciata statunitense a Nairobi da noi interpellata. «E abbiamo anche sollevato la questione con il Tfg, assicurandoci che avessero capito quanto inaccettabile fosse per noi l’utilizzo dei bambini- soldato da parte loro», assicurano ancora dall’ambasciata statunitense. Ma per sradicare completamente il tragico fenomeno dei minorenni in divisa la strada evidentemente è ancora lunga.
Nel campo di addestramento militare di Bihanga, in Uganda, sono stati scoperti 68 minorenni “sfuggiti” ai controlli a Mogadiscio Sguardo da duro, comportamento disciplinato, “Cento” probabilmente fa parte della scorta di un esponente politico
Editoriale
IL VOLTO DEL PICCOLO 'CENTO', LA FACCIA DELLA GUERRA
È DAVVERO TEMPO DI APRIRE GLI OCCHI
GIULIO ALBANESE
I l Carnevale in Somalia non esiste, eppure da quelle parti di bambini come 'Cento', in perfetta tenuta mimetica, quasi fossero in una tragica maschera, se ne incontrano molti. Non solo nelle forze ribelli degli estremisti islamici, i famigerati al Shabaab, ma persino – cosa, se possibile, ancor più grave – nelle file dell’esercito governativo, fedele al presidente Sheikh Sharif Sheikh Ahmed, come denuncia oggi Avvenire.
A guardarlo in faccia, 'Cento' fa davvero tanta tenerezza, perché non solo ha le sembianze di un 'bambolotto', ma soprattutto perché il suo sguardo disincantato è la metafora di una gioventù bruciata per colpa degli adulti. La guerra nessuno dovrebbe farla, tanto meno dei ragazzini come lui, cui qualcuno ha tolto premeditatamente l’innocenza degli anni migliori, del gioco e dello studio. A pensarci bene, questi 'bambinisoldato' sono le prime vittime delle cosiddette guerre dimenticate, quelle che non fanno notizia perché nessuno ha interesse a darne notizia.
Eppure, questi 'soldatini di piombo' sono costretti a imbracciare il fucile perché vengono arruolati a costo zero, a differenza dei grandi che esigono il salario. E poi, proprio perché innocenti, sono facilmente manipolabili, con il risultato che le malefiche suggestioni impresse dai loro capi a volte li trasformano in veri automi, macchine belliche in miniatura, ma pur sempre spietate.
Far scoprire e veder raccontate storie come quella di 'Cento' non conviene ai signori della guerra, che utilizzano le giovanissime reclute come fossero carne da macello. Il loro arruolamento è il modo più feroce e conveniente per prolungare nel tempo un conflitto, quale quello somalo, esploso nel lontano gennaio del 1991 e che è costato la vita a un numero incalcolabile di uomini e di donne. A Mogadiscio e dintorni intere generazioni sono state svezzate sotto le bombe senza che i Grandi della Terra se ne curassero.
Gli interessi in gioco sono davvero tanti, dal controllo del governo a quello militare del territorio, per non parlare dell’oro nero su cui galleggia il Corno d’Africa. E se, da una parte, vi sono i fautori del jihad, la guerra santa, in nome di un islam militante, disincarnato rispetto alla storia, anni luce distante dallo spirito di ogni sensata religione, dall’altra vi sono i commilitoni di 'Cento', che dovrebbero ostacolare l’avanzata dei fondamentalisti con l’appoggio anche delle nazioni occidentali. Ed è forse proprio questo l’aspetto più aberrante, che andrebbe stigmatizzato per dare voce ai senza voce.
È mai possibile servirsi di questi ragazzi, all’inizio del Terzo Millennio per difendere libertà e democrazia? È chiaro che si tratta di una follia, una mistificazione di un presunto 'bene' che, alla prova dei fatti, non serve proprio a nessuno. Parafrasando il grande poeta messicano Salvador Díaz Mirón, viene spontaneo levare la propria indignazione, quella delle libere coscienze: «Sappiatelo, sovrani e vassalli, eminenze e mendicanti: nessuno avrà diritto al superfluo finché uno solo mancherà del necessario». E per il piccolo 'Cento' il necessario è innanzitutto e soprattutto il diritto a una vita degna cui ogni essere umano istintivamente anela, non costretto alla violenza contro i suoi fratelli somali. Per noi tutti è davvero tempo di aprire gli occhi.
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