In Mozambico assedio alla Total

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DAKAR, Senegal - Sono stati giorni di alta tensione nel nord del Mozambico. Gruppi di jihadisti che hanno prestato giuramento allo Stato islamico (Daesh) hanno assediato e poi preso il controllo di Palma , località a pochi chilometri da uno dei più grandi progetti di gas naturale liquefatto in Africa subsahariana. Durante l’attacco è stato preso di mira anche un albergo che ospitava decine di impiegati, locali e stranieri, del settore energetico. «Abbiamo evacuato le circa 180 persone intrappolate nell’hotel Amarula, ha riferito ieri alla stampa una fonte anonima della sicurezza mozambicana ». La rete di comunicazione via cellulare è stata interrotta mercoledì pomeriggio quando è cominciato l’assalto. «Un’ottantina di civili è stata portata via dall’hotel a bordo di camion militari – ha spiegato un funzionario –, ma due dei nostri veicoli sono caduti in un’imboscata. Sette persone sono rimaste uccise, altre sono riuscite a fuggire». Una fonte nell’apparato di sicurezza ha detto che le forze go- vernative «hanno lasciato Palma». I militanti islamici conosciuti come al-Shabaab («i giovani », da non confondere con l’omonimo gruppo che occupa gran parte della Somalia), e più precisamente appartenenti all’organizzazione terroristica Ansar al-Sunna, si stanno scontrando da circa tre anni con l’esercito mozambicano appoggiato da militari e mercenari stranieri. Sebbene non si abbiano certezze sul motivo di quest’ultimo attacco jihadista, alcuni esperti credono sia legato alla Total, il gigante petrolifero francese che ha recentemente annunciato la ripresa del lavoro nello stabilimento sulla penisola di Afungi.

Nell’ultimo anno, tanto le compagnie private estere quanto le organizzazioni umanitarie sono state costrette a interrompere i lavori a causa dell’aumento delle violenze nel nord. Dalla ripresa degli scontri nel 2017, almeno 2.600 persone sono rimaste uccise mentre gli sfollati sono oltre 700mila. «I residenti di Palma, tra cui numerosi dei nostri catechisti, fuggono terrorizzati nelle foreste e nelle montagne vicine da due settimane – ha detto ieri alla fondazione pontificia, Aiuto alla chiesa che soffre (Acs), padre Edegard Silva, missionario brasiliano attualmente a Pemba, capitale della provincia di Cabo Delgado –. Ci è però difficile comunicare con loro a causa del segnale debole e della difficoltà nel caricare le batterie dei loro cellulari». Il nord del Mozambico è una zona remota considerata tra le più povere del Paese. Quando nel 2017 iniziarono i primi focolai, la comunità internazionale li aveva ignorati. Da allora, l’ondata jihadista è cresciuta, diventando una delle più grandi minacce per la stabilità dello Stato mozambicano. Sebbene il presidente, Filipe Nyusi, assicuri pubblicamente che la situazione sarà «gestita al più presto», le autorità locali sono allo stremo delle loro forze. I mozambicani stanno ancora subendo gli effetti della guerra civile finita alla metà degli anni Settanta, che ha ritardato enormemente lo sviluppo del Paese. Inoltre, negli ultimi anni sono stati frequenti gli scandali di corruzione che hanno indebolito l’economia locale.

Matteo Fraschini Koffi per AVVVENIRE - 28 marzo 2021 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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Matteo Fraschini Koffi - Giornalista Freelance